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Quel silenzio surreale e l’opportunità di essere delle persone migliori

Il suono delle campane di mezzogiorno arriva con un vigore inaspettato nelle piazze deserte dei paesi del sud. Ha la stessa tenerezza di una carezza di cui si avverte quasi il bisogno, come un segnale di vita che guarda in faccia la paura. Il silenzio che si respira in questi giorni somiglia molto a quello di cui parlavano i nostri nonni quando ricordavano i giorni in cui fu bombardata Taranto di notte durante la seconda guerra mondiale. In quelle ore, i bagliori della guerra illuminarono di silenzio tutti i paesi del sud-est barese che assistevano spauriti a quel triste spettacolo che andava in scena sul mar Ionio.

Certo, la drammaticità di una guerra è ben altra cosa rispetto al rischio sanitario di un virus che ha scavalcato in un baleno mari e confini giungendo a bussare alle nostre case. Ma il senso di inquietudine che pervade il nostro animo è molto simile, come quello che si ritrova ogni qual volta ci ritroviamo dinanzi ad una situazione che non possiamo gestire. Quando questa storia sarà finita avremo probabilmente compreso che la storia dell’uomo non è mai cambiata. Quella che Bauman definisce “società liquida” conserva ancora una recondita innocenza che viene fuori ogni volta che nasce un pericolo.

Con più forza, si avverte così l’urgente necessità di amarsi, di proteggere gli affetti più cari, di accarezzare lo sguardo dei nostri figli e dei nostri nipoti. Spesso, nelle nostre inquietudini quotidiane, dimentichiamo questi aspetti di cui non può fare a meno la nostra identità. Ce ne ricordiamo però quando arriva una emergenza, quando sentiamo che qualcosa di importante è in pericolo. Ogni esperienza ci regala l’opportunità di poter essere delle persone migliori. L’emergenza del coronavirus, che ci impone di restare a casa, possa anche essere l’occasione per farci capire l’importanza di essere vicini anche a chi vive in solitudine, di chi non può nemmeno consolarsi nell’abbraccio di un familiare.

Quel silenzio surreale che afferra le strade delle nostre città, che ci costringe a stare a casa e che somiglia molto al tasto “reset” di una società troppo spesso in affanno, anche e soprattutto nei sentimenti, possa dare forma ad una nuova speranza nei rapporti sociali. In famiglia, a lavoro, in tutti i nostri rapporti interpersonali. Dopo questo incubo, ci risveglieremo sicuramente come persone migliori.

 

Michele Pettinato

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